In Italia, tra il 1950 e la prima metà degli anni '70 ci fu una vera e propria rivoluzione socio-culturale. Usciti da un guerra disastrosa sotto tutti i punti di vista, si voleva ricostruire il paese e si desiderava vivere meglio. Si tentava così di entrare con fatica nei "tempi moderni" e quindi tutto doveva cambiare e tutto doveva aggiornarsi.
Infatti tutto cambiò e tutto si aggiornò, nel campo del disegno : dalla moda alle automobili dall'arredamento alle strutture in c.a. di P.L.Nervi, tutto veniva ripensato e tutto veniva ridisegnato con una sorta di frenesia creativa che contagiava ogni campo sociale.
è in questo contesto profondamente creativo che tra la fine degli anni '50 e la prima metà degli anni '70 insieme ad una serie incredibile di arredi ben disegnati e ben prodotti, si produsse una incredibile quantità di stupende lampade, soprattutto per ambienti interni. Meravigliosi "oggetti luminosi", in alcuni casi quasi sculture.
NASCITAL'industria dava la possibilità alla creatività di vestire la lampadina e ditte come Flos, Artemide e molte altre furono giustamente riconosciute dai musei di tutto il mondo con l'esposizione dei loro prodotti dal design "futuristico". Questi prodotti erano senza dubbio eccezionali per la forma, per i materiali usati e per quel senso di creatività italiana sicuramente in essi riconoscibile.
Poiché la lampada era stata progettata architettonicamente, il binomio "lampada/illuminazione" si mutava logicamente nell'altro binomio ben più impegnativo di "lampada architettonica/illuminazione architettonica", quindi noi italiani ci riconoscevamo come i maestri dell' illuminazione architettonica !!
Nel frattempo in U.S.A., nella seconda metà degli anni 50, soprattutto grazie a Richard Kelly (1910 -1977), prendeva sempre più piede la figura del "lighting consultant", stava nascendo la professione del "lighting designer", e questa professione, tra le altre cose, chiariva la differenza fondamentale tra "lampade decorative" ed "illuminazione architettonica". Eventualmente negli U.S.A. sarebbero nate anche delle specifiche facoltà universitarie dove la professione del lighting designer veniva strutturata ed insegnata accademicamente dotandola di una sua propria specifica laurea.
In Italia capaci architetti e abili manifatture disegnando e producendo belle lampade iniziavano ad intuire i problemi tecnici e psicologici inerenti alla "illuminazione architettonica". Si cominciò così a capire che il lighting design non è semplicemente disegnare e produrre una bella lampada per poi magari esporla nel Museum Of Modern Art di New York.
Tutte queste capacità coinvolte attivamente con l'illuminazione non avevano nessuna formazione accademica specificamente inerente alla professione del "lighting designer, esse appartenevano soprattutto ad architetti, ingegneri od altro che, nel migliore dei casi, avevano seguito dei corsi di illuminotecnica. Essi si stavano formando empiricamente e da autodidatta.
Il mondo però stava cambiando, l'Italia stava cambiando, gli italiani viaggiavano e lavoravano all'estero, visitavano altre città, soggiornavano in grandi alberghi e iniziavano a capire come in molte nazioni, ovviamente prima fra tutte gli U.S.A., le percezioni visive a cui si era sottoposti erano drasticamente diverse da quelle che provavano nel loro bel paese, i ristoranti avevano un atmosfera particolare, gli edifici spesso erano ben illuminati, i musei squisitamente vedibili, i monumenti drammaticamente esaltati, etc.etc. e, imporrtantissimo, le ditte e la varia umanità coinvolta nell'illuminazione partecipavano alle fiere internazionali dove potevano così seguire l'andamento delle tecniche di questa industria in ebollizione. Insomma si iniziava ad aprire gli occhi !!
La ditta inglese Concord Rotaflex, concordando una vivace e fruttifera collaborazione con l'americana Lightolier, aveva introdotto in Europa un catalogo di apparecchi per l'illuminazione architettonica, soprattutto interna, decisamente all'avanguardia che pian piano, espandendosi nei vari paesi europei, avrebbe creato un terreno fertile per lo sviluppo di tante altre ditte di l'illuminazione.
Seguendo in modo abbastanza avventuroso l'evolversi di questa industria, verso l'inizio degli anni 60 anche alcune ditte italiane iniziarono timidamente ad introdurre nel mercato i primi cosiddetti "faretti". Altre, invece, preferirono la scorciatoia di rappresentare ditte estere già molto agguerrite in questo nuovo campo e con sostanziosi, per l'epoca, cataloghi.
Conseguenza di tutto ciò fu che altre ditte italiane intuirono il futuro ed iniziarono a sviluppare quasi esclusivamente prodotti per l'illuminazione architettonica. Era la nascita di marche quasi esclusivamente dedicate alla produzione di apparecchiature per l'illuminazione architettonica in Italia. Si cominciava ad avere gli strumenti per eseguire un progetto di illuminazione serio.
Dopo aver studiato lavorato ed insegnato negli U.S.A., nel 1981 tornai in Italia per aprire uno studio professionale di lighting design a Roma. Subito mi scontrai con il generale e profondamente radicato pregiudizio che : in Italia, per tutti i motivi sopra detti, già si era maestri dell'illuminazione...un lighting designer era inutile !!
In quella situazione, trovare una commissione nel settore privato, era ben difficile. Ogni potenziale cliente si rivolgeva quasi sempre o all'impresa costruttice o, nel migliore dei casi, a ditte di illuminazione perché esse fornivano, oltre che il materiale necessario, anche il progetto d'illuminazione gratis ( ! ), naturalmente usando solo ciò che era nel loro catalogo, in quei tempi, e purtroppo spesso anche ora, questo modo di operare appariva assolutamente accettabile, anzi vantaggioso. Fortunatamente però io ero rientrato nel mio paese con un nutrito portafoglio di clienti privati acquisiti lavorando negli U.S.A.
A volte, dinanzi ad una situazione particolarmente complicata, lo stesso progettista architettonico, ingegnere od architetto che fosse, progettava anche l'illuminazione, quasi sempre con l'interessata collaborazione della ditta d'illuminazione da lui preferita.
Lavori pubblici di illuminazione architettonica in pratica non esistevano, esisteva l'illuminazione stradale. Quando sporadicamente e avventurosamente si illuminava qualche facciata o fontana od altro soggetto particolarmente meritorio dal punto di vista artistico, gli uffici tecnici dei comuni o gli enti di gestione dell' energia elettrica o le solite ditte di illuminazione sviluppavano il "progetto" di illuminazione!!
I musei, per la maggior parte oberati da problemi di sopravvivenza finanziaria, consideravano l'illuminazione il minore di essi e di conseguenza la cura di questo aspetto era, quando seriamente affrontato, un dettaglio minore rispetto ai problemi generali.
Rappresentanti di ditte di illuminazione usando i floppy con i primissimi programmi di illuminotecnica che le ditte più sofisticate ( in genere tedesche ) già avevano, fornivano ai vari clienti "progetti" di illuminazione architettonica... gratis !! Gli sprovveduti clienti erano convinti di avere un progetto di illuminazione architettonica. Solo molti anni dopo si cominciò a capire che un progetto sviluppato dal floppy prodotto da una ditta per vendere i propri apparecchi non è un progetto di illuminazione architettonica.
Dunque questa, nei primissimi anni 80 era, fatte le debite eccezioni, la situazione del "lighting design" in Italia. Meravigliosi oggetti luminosi made in Italy ma scarsa conoscenza della vera e propria illuminazione architettonica. Nel paese dove si disegnavano e si producevano le più belle lampade del mondo, illuminare appariva quasi sempre ( ma spesso lo è ancora ) un problema limitato quasi esclusivamente alla scelta formale degli apparecchi da usare.
Per tutti i motivi sino ad ora elencati, Il mio studio professionale in questi periodi lavorò quasi esclusivamente all'estero ma, comunque, l'industria dell'illuminazione pian piano cresceva e trovava un mercato nazionale che iniziava ad essere ricettivo ed inoltre lavorava molto con l'esportazione. Quel che invece dava scarsi segni di vita era la committenza per la progettazione dell'illuminazione architettonica sia privata che pubblica.
Quasi sicuramente i primi lavori di vera e propria illuminazione architettonica furono eseguiti in alberghi appartenenti alle grandi catene americane che impacchettavano i loro progetti negli U.S.A. per poi eseguirli in loco. Ed è questa sviluppo che probabilmente mi fece coinvolgere nelle progettazioni di illuminazione architettonica in Italia. Infatti, essendo l'unico lighting designer appartenente alla International Association of Lighting Designers ero il solo lighting designer accettabile da una committenza nord americana. In italia si cominciò a realizzare che in molte nazioni l'illuminazione sia interna che esterna era progettata da uno specifico professionista, appunto il lighting designer. In questo periodo iniziai ad apprezzare la qualità delle apparecchiature d'illuminazione architettonica tedesche, esse avevano un vantaggio concettuale e tecnologico che le migliori ditte italiane ancora non riescono a colmare.
Pian piano così anche in Italia iniziò a svilupparsi una committenza, prima privata, soprattutto con alberghi, poi pubblica con le prime timide illuminazioni architettoniche del piccolo castello, del piccolo centro cittadino etc. ed è proprio in questo momento che nacque il problema dell'illuminazione architettonica in Italia. Soprattutto quella pubblica.